giovedì 14 giugno 2012

Alberi Sacri dell'India: il Peepal, Albero della Vita

Foglie di Peepal (Ficus religiosa Linn.)


Con le radici in alto, ed i rami in basso
sta l’eterno Aswattha,
le cui foglie parlano come i canti vedici:
colui che lo conosce, conosce i Veda.

In alto ed in basso si estendono i suoi rami,
alimentati dai modi dell’esistenza,
i suoi germogli sono gli oggetti dei sensi,
le sue radici si prolungano in giù nel mondo degli uomini, legate alle azioni

(Baghavad Gita, Cap XV, 1-2)

Questi versi della Baghavad Gita decretano l’importanza dell’ Aswattha, antico nome sanscrito dell’albero oggi chiamato Peepal (Ficus religiosa Linn.), nell’ambito del pensiero filosofico indiano. Il Peepal diviene qui simbolo dell’Albero della Vita (ma in altri contesti è l’Albero Cosmico o l’Albero della Creazione), le cui radici risiedono nell’Essere Supremo, il Brahman, ed i cui rami rappresentano il mondo fenomenico, secondo una immagine già presente nella Katha Upanishad, componimento del sesto secolo avanti Cristo.

Albero secolare di Peepal (Ficus religiosa) - Bodh Gaya, Bihar
Il Peepal, effettivamente, è stato ed è tuttora il più importante tra gli alberi sacri dell’India, per la venerazione popolare di cui è fatto oggetto, per la quantità di citazioni nei Libri Sacri, per tradizioni e leggende che lo riguardano. A detta del caro amico Bandu, anzi, il Peepal ed il suo parente stretto, il Banyan (Ficus benghalensis Linn.), sono gli unici due alberi sacri dell’India. Limitazione inesatta, ma che la dice lunga sulla popolarità di queste due stupende specie arboree. Dalle pendici inferiori dell’Himalaya alla lontanissima estremità meridionale del subcontinente indiano, attraverso le grandi pianure del Gange e gli altopiani centrali, giovani alberi e possenti vegliardi secolari punteggiano villaggi e città, proteggono templi, marcano incroci di fiumi e di strade, costeggiano sentieri, estremamente amati e rispettati da tutti. Sono tenuti in tale riverenza dagli  indiani, che non possono essere tagliati o danneggiati: spesso i loro rami caduti accidentalmente, restano al suolo per decenni, completamente intoccati. Esemplari oramai compressi nelle forme dalle costruzioni adiacenti, ed asfissiati dal terribile traffico cittadino, resistono impavidi anche nel cuore dei grandi centri urbani, quali Delhi e Calcutta. Nei villaggi di campagna, e quasi ogni villaggio ne ha almeno uno, possono sviluppare immense chiome ed enormi tronchi, spesso dipinti di arancione o di giallo, ed oltre che di devozione e preghiera divengono anche luogo di incontro tra persone, o di semplice riposo alla loro densa ombra. Singolare è il fatto che, per quanto mi è dato di conoscere, il Peepal non forma boschi puri di una qualche estensione, ma ha invece una diffusione puntiforme, per esemplari solitari, e sempre collegata ad ambiti antropizzati, siano città templi o luoghi sacri. Come se fossero divenuti a pieno titolo parte della comunità, come se avessero abbandonato il mondo vegetale per entrare nel mondo degli uomini.

Peepal con murti di Durga sulla riva sinistra del Gange ad Hardwar
La prima raffigurazione conosciuta che riguarda la sacralità degli alberi, è in uno dei sigilli rinvenuti a Moenhjo Daro, città culla della civiltà pre-ariana della Valle dell’Indo, databile tra il quarto ed il terzo millennio avanti Cristo, e rappresenta per l’appunto un albero di Peepal stilizzato, con una Dea dalle lunghe corna sotto le sue foglie. 

Sigillo di Moenhjo-Daro. Terzo millennio avanti Cristo
E’ possibile supporre che in quella remota epoca il Peepal fosse legato ai riti di fertilità e ne costituisse un simbolo: questo legame è comunque rimasto ben saldo nel corso dei secoli, tanto è che ancora oggi nei villaggi dell’India rurale a lui si rivolgono, con preghiere ed offerte, le donne che non riescono ad avere figli, perché conceda loro il dono di una discendenza .

Questa immagine è un eloquente esempio della straordinaria tolleranza religiosa degli indiani. Ci troviamo a Bodh Gaya, a cinquanta metri dall'Albero dell'Illuminazione, nel cuore sacro del Buddismo. Nonostante ciò, alla base di questo Peepal si ergono tranquillamente le statuine di alcune divinità Hindu (Ganesh, Shiva e Parvati, Shiva)


Principalmente gli Hindu associano il Peepal al dio Vishnu, ritenendo l’albero la sua stessa manifestazione; si crede inoltre che Vishnu sia nato sotto una pianta di Peepal, e da neonato abbia disceso un fiume utilizzando una sua foglia come imbarcazione. Krishna stesso (avatar, ovvero incarnazione di Vishnu), illustrando ad Arjuna le sue manifestazioni divine, dice: “Di tutti gli alberi io sono l’Aswattha” (Baghavad Gita, Cap. X,26). Sempre Krishna, morì mentre sedeva sotto un Peepal,  e perciò quest'albero viene venerato e non è mai tagliato. Ma esso è associato talvolta anche a Shiva, così come alla Trimurti, laddove le sue radici simboleggiano Brahma, il tronco rappresenta Shiva, ed i rami Vishnu. Il Padma Purana narra che l’albero fu scelto da Vishnu come abitazione per Alakshmi, la dea della sfortuna, la quale occupa però l’albero solo di sabato, ed in questo giorno riceve le offerte dei suoi devoti (!?!). Le varie specie di Ficus si crede pure che siano la residenza preferita delle Apsara, danzatrici soprannaturali.

Anche tra i Buddisti, l’Aswattha gode di una smisurata venerazione: è proprio sotto la chioma di uno di questi alberi che, nel 530 avanti Cristo, Siddhartha Gautama ottenne l’illuminazione, diventando il Budda Sakyamuni. Per questa ragione il Peepal e le sue foglie sono tra i simboli più sacri del Buddismo, e la cittadina di Bodh Gaya, dove ancora vive un pronipote di quell’albero, uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio dei devoti buddisti. Il fatto rende anche ragione di uno dei nomi con cui  la specie è conosciuta e chiamata in India, ovvero Bodhi Tree, albero dell’illuminazione.

Il Peepal di Gai Ghat, a Varanasi
Numerose sono pure le credenze e le tradizioni popolari che circondano l’Aswattha. I rituali Vedici prevedono che il fuoco sacrificale nei riti religiosi venga acceso strofinando un legno di Aswattha  con uno di Sami (Prosopis cineraria Druce), e la cerimonia prende il nome di “nascita di Agni (dio del Fuoco)”, il quale è quindi, oltre che figlio del cielo e della terra, figlio dei due legni. Questo antico mito è raccontato sia nel Mahabharata che nel Vishnu Purana. La presenza del Peepal è fondamentale durante “la cerimonia del filo”, complesso rituale di iniziazione dei giovani Bramini; l’albero stesso è considerato un Bramino, e rivestito spesso come loro da una triplice cordicella, viene “pregato” ogni giorno, dopo il bagno mattutino.
Nel Bengala le donne osservano un rituale l’ultimo giorno del mese di Baisakh (aprile-maggio), utilizzando cinque foglie di Peepal: una nuova foglia per un nuovo figlio, una giovane foglia verde per la bellezza e la gioventù, una vecchia foglia per una lunga vita del marito, una foglia secca per la felicità, una foglia scolorita per la ricchezza.
Secondo certe tribù dell’Orissa l’Aswattha venne creato in un’epoca in cui non c’erano ancora alberi sulla terra, a partire dalla mano sinistra amputata della divinità Kittung. A questa mano mancavano quattro dita, rimanendo solo il medio: la lunga protuberanza delle foglie rappresenta proprio questo dito medio.
In alcune tradizioni, viene sposato cerimoniosamente ad un albero di Neem (Azadirachta indica), rappresentando il maschio o la femmina, a seconda della regione; in diversi villaggi questi due alberi sono cresciuti fianco a fianco nella stessa piattaforma, su cui sono poste pietre a forma di serpente arrotolato, simbolo di fertilità.

Foglie e frutti di Ficus religiosa
Il Ficus religiosa, oltre che in India, cresce spontaneo in Nepal, Sri Lanka, Cina sud-occidentale ed in parte dell’Indocina, dal livello del mare fino ad una altitudine massima di 1.500 mslm. Il suo elemento più caratteristico è senza dubbio la stupenda foglia, che lo rende immediatamente riconoscibile: brillante, cuoriforme/triangolare, portata da un lungo picciolo, termina con una lunga punta sottile (assomiglia un po’ alla foglia del nostro Pioppo Nero); ha venature prominenti, che formano sulla sua superficie un accattivante disegno. Color bronzo, con venature rosate, in gioventù, diventa poi colore verde-bluastro, con venature biancastre. In Nepal, le foglie staccate vengono impreziosite dipingendovi sopra raffigurazioni sacre, e vendute come souvenirs. Il fogliame è anche utilizzato come eccellente foraggio per gli elefanti.

Il Peepal appartiene alla famiglia delle Moraceae ed al genere Ficus, lo stesso del nostro fico comune, e di altre piante sacre indiane, quali il già citato Banyan, il Gular (Ficus glomerata Roxb.) ed il Ficus Krishnae C.D.C., oltre che di alcune specie esotiche ornamentali a noi familiari, quali il Ficus benjamina ed il Ficus elastica. Il suo frutto è simile al nostro fico, ha colore bruno-violaceo a maturità, ed è portato, in numero variabile, alla base del picciolo delle foglie. Cresce abbastanza rapidamente è puo diventare albero imponente e maestoso: raggiunge i 25 metri di altezza ed i 3 metri di diametro del tronco; con l’età ha la tendenza ad espandere in senso orizzontale numerosi grossi rami, formando folte chiome assai estese. Questi lunghi rami, per effetto della gravità e della scarsa resistenza meccanica del legno, tendono a rompersi ed a cadere, per cui, negli esemplari di maggiore importanza, vengono puntellati con appositi sostegni. E’ specie estremamente longeva: una piantina, figlia dell’Albero dell’Illuminazione del Budda, nel 288 avanti Cristo fu portata da Sanghamitta, figlia dell’imperatore Ashoka, ad Anuradhapura, nello Sri Lanka. Essa vive ancora: conosciuta con il nome di Sri Maha Bodhi tree, ha la bella età di 2.300 anni, ed è non solo una delle latifoglie più vecchie del mondo, ma è anche la pianta che conserva la documentazione scritta sulla sua origine più antica che si conosca. 

Baby Peepal sulle scale della mia Guest House a Varanasi
Sebbene siano in parte comuni anche ad altre specie di Ficus, presenta caratteristiche e modalità di vita del tutto particolari in seno al mondo vegetale. Innanzitutto il fiore, che non è visibile, ma è nascosto dentro un ricettacolo carnoso, da cui svilupperà il frutto, e quindi l’impollinazione, che è affidata ad una sola ed unica specie di insetto (un imenottero, la Blastophaga quadraticeps), il quale possiede le “chiavi” per entrare nel ricettacolo, e procedere quindi alla fecodazione del fiore. Ciò spiega perché sia difficilmente riproducibile per seme al di fuori del suo areale, data la mancanza dell’apposito insetto impollinatore. La natura ha bilanciato questa limitante ecologica dotando il Peepal di una grande capacità di riproduzione agamica, di una incredibile energia germinativa dei suoi semi, e di una enorme area di disseminazione degli stessi. I semi vengono infatti mangiati dagli uccelli insieme al frutto, trasportati anche a grandi distanze, e depositati con gli escrementi nei luoghi più disparati. Ad essi basta molto poco per germinare, e frequentemente lo fanno su un ramo di un altro albero, od in qualche piccola crepa o cavità della pietra, o di edifici costruiti dall’uomo. In questi casi, si comporta come una pianta emiepifita, ed invia radici verso il basso, utilizzando l’ospite solo come sostegno. Una volta che le radici raggiungono il suolo e vi penetrano, comincia lo sviluppo della parte aerea; nel caso la pianta cresca su di un'altra, con il tempo le radici si aggrovigliano e crescendo “strangolano” il loro ospite.

Radici aeree di Ficus religiosa su muro di mattoni a Varanasi
La capacità di portare la vita su supporti sterili e/o inospitali, in ecosistemi rifuggiti dalla maggioranza delle piante, è fortemente evocativo, e suggerisce una spiegazione all’assimilazione popolare del Peepal con la fertilità, per come innanzi già accennato. Non solo, secondo Sitaram ed altri, il possibile insediamento della pianta sugli antichissimi cumuli di pietre, una delle prime manifestazioni di luoghi da preghiera prodotti dall’uomo, e la conseguente associazione Peepal-luogo sacro, son alla base di un primordiale processo di sacralizzazione della specie. La quale comunque, con questo suo installarsi dall’alto di un altro albero, con il suo lento discendere verso il basso, è di per se stessa fortemente simbolica; questo comportamento da epifita, infine, da un senso compiuto ai versi della Baghavad che aprono il Post.


Peepal tra le strette vie di Varanasi



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