sabato 18 dicembre 2010

Giglio

Lilium martagon












Pare che la nevicata di ieri abbia messo in ginocchio l'intera Toscana. Dovremmo riflettere: se una manifestazione così "dolce" della Natura ha sottomesso quasi del tutto tecnologia ed umani....

venerdì 17 dicembre 2010

Unknown


Sta nevicando! C'è un silenzio ovattato e guardo dalla finestra i fiocchi che cadono lentamente.I contorni delle cose cominciano a cambiare ed a fondersi col bianco manto. Il cielo e la terra unite dal bianco e dal grigio. Sono contento, ancorché malato...Ma sarà vero che ogni fiocco é diverso dall'altro?

mercoledì 15 dicembre 2010

"Prima di poter chiamare qualcuno amico, ci devi mangiare insieme un quintale di sale"
Mia Nonna Eugenia

lunedì 13 dicembre 2010

L'enigma della temperatura

Ma quando creonno la temperatura dell'aria, nun la poteano fa uguale da un giorno all'altro, invece di lasciacci in questa incertitezza?

Questa frase mi venne detta diversi anni fa dal babbo del mio vicino di casa (vicino per modo di dire!), allora novantenne, oramai giunto, diceva lui, "agli spiccioli della vita". Oltre alla bellissima cantata in pistoiese arcaico, mi colpì molto quell'originale concetto sottinteso di una creazione individuale, non solo di cose e persone, ma anche degli attributi e delle qualità delle stesse. Purtroppo, il vecchio ha finito già da tempo il suo denaro.

domenica 12 dicembre 2010

Storie di Alberi: Yggdrasil, l'Albero Cosmico

In molte antiche culture, tra loro geograficamente anche assai lontane, si ritrova la figura mitologica dell'Albero Cosmico. Esso rappresenta l'asse centrale dell'Universo, l'impalcatura che ne sottende e sostiene la sostanziale unità; talvolta simboleggia la conoscenza iniziatica ed è pure collegato al cammino spirituale verso il divino. Tra i popoli germanici che popolavano il nord Europa, ed in particolare tra i Vichinghi, l'Albero Cosmico prendeva il nome di Yggdrasil: lo conosciamo grazie alla potente ed intrigante descrizione  delineata da Snorri Sturluson, scrittore di origine islandese, che ce ne parla nell'Edda, opera in prosa apparsa intorno al 1220. Come spesso accade in questi casi, le pagine scritte narrano di cose e fatti anteriormente trasmessi oralmente, la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Fraxinus spp
Yggdrasil è il più grande tra gli alberi, e si erge al centro dell'Universo. Ha tre enormi radici che lo sorreggono: una nasce nella dimora inferiore degli dei, la seconda nella casa dei giganti di ghiaccio, che furono prima della stirpe umana, la terza nel Nifhleim, il regno dei morti. Da ognuna delle radici sgorgava una fonte. Presso la terza radice si trovava Hvergelmir, la madre di tutti i fiumi che scorrono sulla Terra, la cui acqua riempì il nulla che si trovava tra il fuoco ed il ghiaccio all'inizio del mondo. Vicino alla seconda vi era Mimir, che conferiva a coloro che bevevano la sua acqua scienza e saggezza, ma l'accesso era proibito dal suo custode. Dalla prima radice scaturiva infine Urdhr, la più sacra delle tre fonti: era la fonte del Destino, presso cui vivevano le tre Norne, chiamate Destino, Esistenza e Necessità. Le Norne tessevano la trama della vita di uomini e dei, dalla nascita alla morte, e similmente alle Parche della mitologia greca rappresentavano sia le fasi lunari, che la parabola della vita umana, Gioventù, Maturità e Vecchiaia. Ogni giorno innaffiavano con l'acqua di Urdhr l'albero per mantenerlo in vita, e quest'acqua entrava nella terra sotto forma di brina; l'acqua di questa fonte conferiva anche l'eterna giovinezza, e presso la fonte si radunavano gli dei per tenere consiglio.
Il tronco di Yggdrasil attraversava il piano situato tra Terra e Cielo, ed era collegato alla casa degli uomini, la Terra di Mezzo, per mezzo di Bifrost, il ponte-arcobaleno. La sua chioma si innalzava fino ad Asgard, la residenza celeste degli dei. L'albero ospitava numerose forme di vita animale: tra le sue radici si annidava il malefico Serpente Nidhogg, che rodeva la terza radice, in perenne combattimento con l'Aquila che abitava le fronde più alte, ed il cui battito di ali originava i venti che spazzavano il mondo degli uomini. (Secondo alcune interpretazioni il Serpente rappresentava l'energia femminile della Terra, e l'Aquila l'energia maschile del Cielo). L'Aquila sorvegliava costantemente l'orizzonte, per avvisare gli dei del sopraggiungere dei loro nemici.
Tra i rami frondosi vivevano tra gli altri quattro cervi che brucavano i giovani germogli, la capra Heidhrun che nutriva con il suo latte i guerrieri di Odino, e lo scoiattolo Ratatosk, messaggero delle continue sfide tra il Serpente e l'Aquila.

Fraxinus angustifolia. Esemplare dal sedere basso!
Il nome Yggdrasil è traducibile come "la perseveranza di Odino", o "il destriero di Odino". Questi, padre di tutti gli dei, in un primo momento dio della guerra e della morte, diviene attraverso un percorso iniziatico anche il dio della saggezza (ovvero della conoscenza), della magia e della poesia. Tra le prove che deve sostenere per raggiungere l'Illuminazione, una comporterà la perdita del suo unico occhio, dato in pegno al custode di Mimir per potere bere l'acqua della Saggezza. Resterà quindi appeso per nove giorni e nove notti ai rami di Yggdrasil, con una lancia conficcata nel costato (impressionante la similitudine con la passione del Cristo) e, quasi in punto di morte, raggiungerà la conoscenza suprema, concessagli sotto forma dell'alfabeto delle Rune, in cui è contenuta appunto tutta la conoscenza dell'universo.
Quando giungerà Ragnarök, il crepuscolo degli dei, tutti gli dei moriranno e vi sarà la fine del Mondo. Solo Yggdrasil sopravviverà, insieme ad un uomo ed una donna, Lif e Lifthrasir, che si salveranno perchè nascosti e protetti dal legno dell'albero stesso, e daranno origine alla nuova umanità. Si replicherà così la prima creazione, in cui Odino ed altri dei avevano foggiato gli uomini da due ceppi di albero, un frassino ed un olmo.
Sturluson identifica Yggdrasil con un frassino, anche se la descrizione di alcuni suoi caratteri non corrispondono precisamente a quelli del genere, e questa è  comunque l'ipotesi comunemente accettata. Secondo alcuni studiosi si trattava invece di un Tasso (Taxus baccata), ed il riconoscimento proposto si basa sulla similitudine tra la radice dell'antico nome del Tasso (Yr), ed il nome Yggdrasil.
Fraxinus excelsior


mercoledì 8 dicembre 2010

Una curiosa storia di casa mia

Il Demonio, ovvero casa mia!
Non avrei voluto scrivere questa storia, perchè so che nessuno di voi mi crederà, e che servirà solo a rinforzare certe voci che circolano sul mio conto, del tipo " Poverino, è tanto intelligente, ma ormai si è fumato il cervello!". Siccome penso di avere una intelligenza media, e che il mio stato mentale si situi nella perfetta metà di quel ponte che divide la "normalità" dalla "pazzia", come per la maggior parte degli esseri umani, e poichè, soprattutto, sono solito fare ciò che più mi aggrada, e sfidare l'altrui "normalità", così romperò ogni indugio, e proseguirò. Con il Vostro permesso....
Dunque, quel giorno mi ero alzato assai presto, mooolto di controvoglia, perchè la mattina sono solito indugiare a letto, sebbene sveglio, a coltivare in pace le mie idiosincrasie ed a cullare i miei sogni. Il mio macinino, un vecchio modello a turbamento in-compresso, non ne voleva sapere di arrancare, e, come al solito, stavo maledicendo l'inadeguatezza dei mezzi tecnologici che mi supportano. Non so se capita anche a voi, ma in realtà sono molto affezionato agli oggetti che, come il mio catorcio di locomozione, necessitano di una conoscenza pressochè esoterica intorno al loro funzionamento, e sono totalmente inutili ed inutilizzabili da altri, chè solo il padrone ne conosce i vizi i segreti ed i punti deboli, e ci si dice che in fin dei conti sono come persone, e vanno prese per il loro verso, e finisce che non ci si separa mai da esse, fino al fatidico giorno in cui ci abbandonano definitivamente, come vecchi caduti sopra una bandiera, e si versa anche qualche lacrimuccia....
La mia fortuna è che la casa dove vivo si trova alla fine di una salita, od in cima ad una discesa , che dir si voglia, la mia sfortuna consiste nell'assoluto disinteresse per il domani, e nel fatto conseguente che la sera non penso mai di lasciare il muso puntato a valle. Così , per aiutarmi a girarla a mano dovetti, come sempre, svegliare Agrippina che, come sempre, scese le scale in pigiama e con gli occhi abbottonati, imprecando all'indirizzo di un nome che corrisponde al mio, ma che in queste occasioni mi guardo bene dal riconoscere "Buongiorno. Meno male che non piove", dico io. " 'Affanculo", dice lei. Come da copione. Sono queste piccole cose ripetitive che ci consentono di apprezzare il nostro senso di continuità temporale, che ci identificano come individualità e soggetti d'esperienza... non crediate, ho letto imponenti trattati sull'argomento, in realtà non ci ho mai capito un tubo, però fanno tanto "in", e la loro citazione è di valido aiuto in più di un consesso, ad accrescere la propria autostima, quando dopo la nostra chiara esposizione, qualcuno esclama : "Bravo ragazzo, si vede che è preparato, io seguo solo il trascendentalismo elicoidale di Goicochea, ma anche qui c'è del vero!". Come vi sarete accorti, amo divagare, ma, credetemi, che noia scrivere secondo sequenze logiche , violentando questa ceppa che va sempre dove gli pare....
" Ciao. Ci vediamo a pranzo" "Umpff". Eloquente risposta.
Spingo un pò, salto sopra al volo ed innesto, come da manuale, la seconda. Il consueto rito mattutino si sta consumando, ci inviamo singhiozzando, io e lo spento mezzo, e meno male che non ho colazionato. La fine della discesa si avvicina, è sempre più vicina, il motore non ne vuol sapere, ecco, ci siamo...Il miracolo... Anche stavolta, tra singulti e sputi di fumi, dimentico della mia indecorosa manutenzione, ha pietà e parte, poveretto, in fin dei conti mi vuol bene. E non è che in quel mentre un imbecille, sbucato da chissà dove, mi attraversa la strada e mi costringe alla frenata? " Sput,sput ", geme il motore. Fermo di nuovo. Mi accartoccio sul volante, in frantumi come quei bicchieri infrangibili che quando si rompono si rompono davvero, e ci vuole una settimana a raccogliere i cocci. Non so se piangere o tornare a letto. Apro lo sportello e scendo pronto al diverbio. Certe volte, litigare è quasi un dovere, non ce ne frega assolutamente niente, ma si sa che va fatto, poi generalmente succede che anche l'altro è come noi, e la cosa, cominciata così, diventa seria e finisce che si litiga davvero. Cosa volete farci, così è l'uomo, ed è anche per questo che l'esperienza umana è alquanto divertente...
Ma non faccio in tempo ad aprire bocca, perchè tutte le mie intenzioni vengono bloccate da una voce astiosa e gracchiante:
" Alla buon ora. Ti sei deciso, perdigiorno, ero arcistufo di aspettarti tuttì i venerdì mattina....ma guardate che razza di vagabondo ! ". Questa apostrofazione mi fa balzare alla mente la inossidabile massima di Vincenzino Buoncervello "Stai a vedere che dalla ragione si finisce nel torto". Però, finalmente, mi decido a seguire la mia vista, che già da un pò ha strabuzzato gli occhi, nell'immane intento di richiamare quelle capacità sincroassociative di un cervello rallentato dalla levataccia. Allora mi resi conto. Non avevo mai visto un tipo così strano in tutta la mia vita, e sì che che l'inusuale ed il bizzarro hanno finora permeato i miei giorni, talchè gli amici sani di mente spesso mi dicono " Ma datti una regolata, una volta per tutte !" Era talmente strano, che quasi quasi non ve lo descrivo, perchè sono un essere molto dispettoso......Stavo scherzando, non c'è bisogno di prendersela, e poi serve ad aumentare la suspence (leggasi come scrivesi, alla toscana, ioboia!).
L' ometto era alto pressappoco come un cavolo tallito del mio orto, aveva una barbaccia bianca avvolta non so quante volte intorno al corpo e portava un ridicolo cappello all'ultima moda, un incrocio tra un modello classico da carabiniere e un old style da ammiraglio. Avrà avuto duecentocinquanta duecentottanta anni, ed era vestito come...
" Uffa, hai finito di scrutarmi ? Hai letto troppi libri di baggianate, non sono niente di ciò che la tua immaginazione crede. Mago Arnolfo Bandarello de' Lantanidi, della venerata congrega dei Sordiampici, per servirla, si fa per dire!" Si tolse il cappello abbozzando un inchino. " Ma soprattutto, non ho tempo da perdere- proseguì, ricomponendosi nella sua sgarbataggine - fanno esattamente 14 anni 7 mesi e tre venerdì che aspetto il tuo passaggio....tu dormissi meno la mattina, pezzo di mota, mi sarei risparmiato tutta l'umidità e quei due enormi idioti di cani bianchi che mi danno la caccia." Indi estrasse un cipollone dalla tasca, gli gettò uno sguardo ed imprecò: "Porcaccia miseria, è già l'ora, devo andarmene. Ho bisogno di te, se non l'avessi capito. Presentati il prossimo venerdì alle 4 di mattina in questo stesso posto, e non mancare, se non vuoi che ti colpisca un'insonnia fulminante.... Porc....'sti moderni, be' mi tempi !". Detto fatto, si dileguò nel niente, ed ebbi un bel da fare a pensare che tutti i fenomeni hanno una spiegazione razionale, che lì per lì di razionale e saggio trovai solo la sacrosanta lucidità di tornarmene a letto, che già consideravo di aver fatto giornata.
Rientrando nel giaciglio Agrippina emerse per un attimo dal sonno, domandando "C'è da spingere ?". Poi ricadde in catalessi.
Ore dopo, nella solita colazione "così tardiva che oramai si fa pranzo", Agrippina mi abbordò : " Ma tu non dovevi andare a Firenze, stamane ?" " Ehm, la macchina non partiva, poi faceva freddo...insomma, non ne avevo voglia." "E io che ti ho spinto a fare, allora ? Razza di vagabondo !" "Questa l'ho già sentita, per oggi.. " "Come?" "Lasciamo perdere, vah..". Non mi andava di raccontare i miei fatti antelucani, e questa storia del vagabondo, poi, cominciava a seccarmi, non perchè non mi ritenga tale, anzi, ma per il semplice fatto che desidero rimanerlo, e che quindi, por poterlo fare in pace, ho bisogno che non si sappia troppo in giro.

Sviluppando l'idea di questa storia, mentre pescavo in una fantasia inoperosa, mi sono improvvisamente tornati alla mente avvenimenti della mia infanzia, a lungo sepolti e sottoposti a pile di altri ricordi in qualche anfratto della mia coscienza, che mi fanno vacillare l'idea primaria di fantasia e mi traspongono sul vago confine tra dubbio e realtà...uhm, la cosa si fa interessante !
"Della produzione incondizionata dell'essere", era l'appetitoso titolo di quel saggio tibetano nelle vetrine di Delhi. Esitai un pò sull'uscio, aspirando forte i vapori dell'incenso intellettuale, guardai il vecchino all'angolo, che rannicchiato in diciottocentimetriquadratidiconsidiciotto vendeva succhi d'arancia, e desistetti. Che gusto c'è a capire la confusione? E che gusto c'è ad abbandonare i binari... e soprattutto, lo spazio oltre i binari è immerso nel lisergico,ed è limitato...Desistiamo,fratelli,da utopie politicosociocultureligiose... lasciate spazio...a noi che sappiamo come sguazzare nel niente e nell'ozio!
So che tutto questo non c'entra molto, ma ero alquanto eccitato dall'incontro del mattino, e l'esaltazione mi produceva strampalate associazioni di pensiero. Ve ne chiedo umilmente scusa, ed immantinente riprendo il filo interrotto.
Col passare dei giorni diventavo sempre più nervoso e curioso. Marinai una interessantissima conferenza sull erpetocentrismo antropofagico, tenuta da un Guru dal nome impronunciabile, appositamente sceso dal suo ritiro in quel di Lama Mocogno, e trascurai diversi lavoretti casalinghi che aspettavano da mesi... giorno meno, giorno più, quando si è atteso a lungo, che differenza può fare, risposi alle insistenze di Agrippina, che, grazie a questa frase ed ai precedenti narrati, si astenne dal rivolgermi la parola per otto lunghissimi minuti.
La settimana mi scorse rapidamente davanti, come quando si aspetta la finale di un campionato del mondo di calcio. Nonostante mi lambiccassi il cervello per immaginare che diavolo volesse da me quel tal mago Arnulfo o Argelio o Comecavolosichiamava, le mie supposizioni erano invero assai lontane dalla realtà. Ma proseguiamo con ordine.
Il venerdì seguente alle 3 e 40 mi chiusi l'uscio alle spalle e mi inviai, in uno stato psicofisico a mezzo tra lo Zen ed il Rem. Era buio totale e, ovviamente, inciampai quasi subito, e caddi riverso in uno di quei laghetti che eufemisticamente vengono chiamati "le tremende pozze della strada del Demonio", ragione principe delle rare visite che mi tributano gli amici. Perlomeno servì a svegliarmi. Giunto sul luogo, accesi una candela e perlustrai i dintorni, ma non c'era traccia dell'ometto. "Bel bidone", cominciavo a pensare, quando d'improvviso "Oè, mortale, sono quassù!". Il tipo se ne stava appeso per i piedi ad un alto ramo, con il testone penzoloni. "E che cacchio ci fai costassù?" " Mi faccio affluire le idee alla testa, prima di cominciare la giornata!" Quindi si lanciò dal ramo, piroettò ridicolamente per l'aere, ed atterrò direttamente sui miei piedi. Il suo impatto non fu del tutto indifferente e, se non ci credete, chiedetelo al mio alluce sinistro, che ne serba ancora il ricordo...Ero ben deciso ad affrontare il mago, che cominciava a starmi un pò peso, in tutti i sensi, ed a sapere chiaramente perchè era venuto ad importunare proprio me, che ho ben altro da fare, nel senso di cose che aspettano di essere fatte, e che quindi sono già un daffare potenziale, e da qui si dipana la mia filosofia di vita...Ma non ne ebbi il tempo. "Bene bene, andiamo al Demonio" "Come come -sussultai- dove vuoi andare ?" "Al Demonio, perchè, non abiti forse lì?" Quella frase ironica mi dette un pò sui nervi. "Oh , sarà ora che mi spieghi un pò qualcosa, o pensi forse che chiunque possa interrompere a suo piacimento il mio giusto sonno.." "Giusto poi - il mago lasciò partire una risata rauca,che per strada si trasformò in una tosse accidiosa - va bene, avviamoci, intanto."
E' caratteristico come in definitiva le persone facciano di me ciò che vogliono, e come non trovi mai nelle occasioni dovute le giuste parole, per tradurre ciò che mi ribolle dentro. Così mi arresi e ripresi il cammino dietro quel "coso", che avanzava rapido, evitando accuratamente tutte le pozze, come cavolo faceva poi, che tenevo ben chiusa nelle mani la fiammella della candela..."Sono un mago, non lo dimenticare, e stai pure attento, che so leggere nel pensiero di uomini, cose ed animali. E sono anche piuttosto permaloso.." "Lo avevo intuito", bofonchiai in uno stato di imbarazzo. Mi sentii come fossi stato nudo nella piazza principale della mia città, dove la gente è così ottusa che probabilmente non se ne accorgerebbe neanche, e proprio dall'indifferenza per un siffatto gesto, nascerebbe il mio imbarazzo.
Arrivammo alla porta di casa, e non avevo ancora cavato un ragno dal buco. Cercavo di confondermi i pensieri, di modo che non me li potesse leggere, ma era del tutto inutile, perchè ormai la confusione totale si era impadronita di me, e le mie idee vagavano inconcludenti come mosche su un vetro. Aprii e Lhasa, il mio sfasatissimo tachente gatto nero ci si fece incontro petulando cibo, cosa per cui ogni ora ed occasione è propizia. Ma appena si accorse del mio ospite forzato, rizzò il pelo e partì a razzo, rovesciando tutto ciò che incontrò sul suo cammino, confuse clamorosamente la finestra chiusa con quella aperta, si riprese, e finalmente guadagnò la fuga. Si ripresentò tre giorni dopo, tutto inzaccherato ed allucinato. "Noi Bandarelli non abbiamo molta simpatia per i gatti. Sono invadenti e curiosi, e ci fanno sparire gli animali che raccogliamo con tanta fatica per le nostre pozioni. Gli ho detto che se non si levava di torno, me lo mangiavo a colazione in salsa brezza... e per un gatto non c'è niente di peggio della salsa brezza, credimi!" "E come potrei dubitarne", conclusi in preda ad una disperazione che aveva riempito completamente lo spazio del mio sonno abbandonato.
"Sono ancor digiuno -continuò- preparami un tè di menta con 12 fette di pane, burro e marmellata di sambuco. Fai presto, per favore !" La mia pazienza era definitivamente finita " Senti, Argozio Bandaid..." "Arnolfo Bandarello", mi corresse. "Senti, Arnolfo, io sono un tipo molto ospitale e ben disposto, ma se non mi racconti immediatamente chi sei e che vuoi da me, giuro che sveglio Agrippina, e te la dovrai vedere con lei, che non è proprio un osso morbido come quel citrullo che ti sta dando spago , e che sarei poi io."
Un lampo maligno e sinistro balenò negli occhi di Arnolfo, poi si ricompose, e sbadigliando mi disse : "Va bene, va bene, non c'è bisogno d'inastarsi e di mettere donne di mezzo. Comincia a preparare e ti racconterò. E ringrazia che noi Lantanidi siamo gente onesta, sennò sarei entrato in questa casa senza il tuo permesso, e mi sarei risparmiato un sacco di tempo, quindi sarei io a dovermi lamentare, eventualmente.."
"Questa poi !" Cominciai ad armeggiare con pentolini tazze e vasetti di vetro. D'altronde anch'io avevo un certo appetito. Decisi di usare la tecnica Are Krisna, cercando di imbonirmelo attraverso il cibo. "Non male questa marmellata, è un pò troppo acida, ma si sopporta". Ed intanto affondava cucchiaiate ciclopiche dentro l'impaurito vasetto. " Lo dovevi tostare di più, questo pane!" E così via... Se c'è una cosa che non sopporto sono le critiche gastronomiche, ma ormai, pensavo, era toccata a me, e dovevo espiare fino in fondo. Dopo che ebbe finito d'ogni bene, si pulì la bocca e cacciò un rutto che fece tremare i vetri. Mi presi la testa tra le mani, più impaurito per il possibile risveglio della mia consorte, che non scandalizzato dal verso.
"Bene , ed ora mettiamoci al lavoro! Mi preoccupai assai di quella insana proposta, vista l'ora e lo stress sopportato.. "Di quale lavoro vai cianciando ?" "Perbacco, ma il lavoro per cui sono qui !" Cominciavo a sospettare che il nostro Bandarello fosse un pò svitatello, e decisi di assecondarlo, cercando di sapere ciò che volevo nel proseguio del suo operare; comunque fosse, mi pareva evidente che non aveva alcuna intenzione di rivelarmi i suoi piani, ergo, era necessario aspettare l'evolversi degli eventi.
Si cavò quindi da sotto quel suo assurdo vestito un rotolo di pergamena, sciolse il laccio rosso che lo chiudeva, e lo srotolò sul tavolo. Incuriosito, mi avvicinai, ma non troppo, memore della lunaticità imprevedibile del mago. Ed invece mi fece cenno con la mano, aggiuungendo rapidamente; "Avvicinati, dai, ho bisogno del tuo aiuto". Cominciai a scrutare il foglio, che sembrava molto vecchio, o perlomeno trascurato, a giudicare dalle macchie d'unto. Conteneva segni e parole indecifrabili alla mia conoscenza, ed un disegno in cui mi parve di ravvisare una pianta molto simile a quella che avevo visto al Catasto, il giorno che fui a cercare i documenti della mia casa, e che aspettai talmente tanto che ebbi il tempo di scrivere una piccola storia di trecentottantacinque pagine e mezzo, ma, per l'appunto, questa è un'alta storia.
"Bravo, questo è proprio il Demonio, come si presentava nel 1415 !" " Ma cosa Demonio mi racconti - ribattei - se questa casa è stata costruita 70 anni fa ?" "Sei liberissimo di pensarla come ti pare, la realtà dei fatti non cambia. Ora mi devi aiutare a localizzare questo punto, contrassegnato con un cerchietto". Studiai un poco la cosa, e mi scappò una risata beffarda... "Sì, credo che corrisponda alla tazza del bagno!" Sei venuto fin qua, ed hai aspettato 14 anni, per usare il cesso? Accomodati pure !" La mia battuta non gli piacque molto. Si alzò, mormorando tra i denti stretti : "Grande Bandarello, aiutami a sopportare questi moderni, talmente stupidi da costruire un cesso su una porta magica! E non mi affidare più missioni del genere, perchè con questi cretini potrei non rispondere dei miei poteri magici." Finsi di non capire, ma comiciavo a prendere gusto alla cosa, e nella facilità con cui si poteva farlo incazzare.
Lo introdussi sogghignando nel sancta sanctorum della mia dimora, luogo dalla atavica sacralità, per giunta ora sancita anche da quella mappa. Arnolfo arricciò il naso, alzò il braccio destro roteando l'indice a mezz'aria e, quasi sottovoce, pronunciò la formula: "Tasca Masca, Pasca Corta, si apra subito la porta!" Come per magia (che banalità) il cesso sparì, lasciando al suo posto un'apertura che lasciava intravedere una vecchia scala di legno. Ero allo stesso tempo preoccupatissimo per la mia amata tazza, e sorpreso per quello che stavo vedendo.
Bandarello accese una candela, si sollevò con la mano il sottanone della sua tunica e cominciò a scendere; si era già infilato con metà del corpo nel passaggio, quando d'improvviso perse l'equilibrio e scomparve. Pututunfete...chioccotescraccate...sciaaaff..."Addio -pensai- mi è caduto nel pozzo nero..." "Quell'incommensurabile idiota smemorato cacciatopi ciucciasugne di Arnoldo, dilettante da strapazzo...Atchiùù !!!" L'inconfondibile voce del mago, adirata ad un livello che ancora non avevo conosciuto, mi rassicurò sulla sua salute ed allora, libero da scrupoli, mi scappò da ridere. Feci un pò di luce. Bandarello giaceva ai piedi della scala, riverso in una immensa tinella ripiena di un liquido giallastro. "Che aspetti a togliermi di quì, deficiente ?" - tuonò, gelando il mio sghignazzio - "Muoviti, e non mi rovinare addosso, attento al quarto scalino, che è coperto di sapone".
Scesi, incolume, e lo aiutai ad uscire. Il contatto con quel liquido mi fece rabbrividire, da tanto che era gelido e vischioso. Stavo già sospettando chissà quale porcheria, quando il mago mi prevenne : "Non c'entra niente con ciò che stai pensando, è solo argicostolato di benzolaterite" "Ah, se lo dici tu..." "Ma con chi mi vado a confondere, perdinci - sbottò - è un liquido magico per pelare le patate, brevetto ed orgoglio del mio bis-bis-trisperfareprima-nonno Arnoldo, che è solito dimenticarselo dappertutto !"
Arnolfo accese un lume a petrolio che pendeva dal soffitto. E fu così che l' inimmaginabile prese forma in pochi secondi ai miei occhi allucinati... Lo scantinato era smisurato, le pareti erano strapiene di libri dalle copertine di cuoio, e nel mezzo della stanza c' era di tutto: alambicchi e provette, barattoli di vetro e pelli di gatto nero, un cavallo imbalsamato ed una pentola a pressione, calendari da camionista ed una riproduzione della torre di Pisa in marmo rosa screziato, barometri, eliofanografi, suppostimetri arcovoltaici ed uno stranissimo prototipo di artiozoipo, pacchetti di Rizla ed una stampa raffigurante Gregorio XXXXXXXXXXXX, il papa stravolto, con una Amanita Muscaria tra i denti ed un cilomme nel taschino. C' erano anche una serie di oggetti indefinibili, che mai avevo visto in vita mia. Non riuscii a trattenere la domanda: "E che diavolo ci fa tutta 'sta roba sotto casa mia, modestamente parlando, se mi è concesso di saperlo, almeno questo?" Notai inoltre che tutto era ben ordinato, e non c'era traccia di sporco, ne' di ragnatele od umidità... "E come fa ad essere tutto pulito ed asciutto?" "Quello è il meno - si degnò finalmente il mago - un semplice sistema a trianodo interpollaiato, brevetto Lantanide n° 69barra non mi ricordo, che passa d' ogni bene al piano superiore!" Fu come un' illuminazione repentina, in un secondo compresi le tonnellate di polvere della casa, e quell' umidità che ci sono giorni che sembra di stare a Macondo nel dodicesimo anno consecutivoininterrotto di pioggia... Avevo voglia di strozzarlo, lui e tutta quella genìa di svitati a cui apparteneva...
Ma forse, da buon mago, comprese che si stava pericolosamente varcando il limite della mia propensione innata alla non violenza, e prese la parola, interrompendo i miei aneliti bellicosi:
"Questa è l' antichissima biblioteca dei Sordiampici. Quivi sono conservati testi magici ed affini a partire dall' etrusco Lumacone il Veloce, capostipite della nostra congrega, passando per l'assiro Siccheratfreddo I° e per Ermete Trisdassi, fino al secolo scorso. Senza falsa modestia, sei di fronte alla più importante raccolta magica dell'Occidente!" Quel malcelato orgoglio sembrava financo aver imbonito il tono della sua voce". E come mai si trova proprio qua sotto?" azzardai. "Sarebbe una storia molto lunga e complessa e, soprattutto, non ho affatto voglia di raccontartela!" - fu la cortese risposta - "Però - riprese - ti posso dire perchè continua a rimanerci. Se i libri uscissero da questo loco, si autodistuggerebbero, quindi...facciamo in modo che questa casa venga abitata da persone come te, prima di tutto sostanzialmente oneste, vagabonde al punto da non avventurarsi in ristrutturazioni, oltre che abbastanza sempliciotte... "Tua madre!" "Acc... non mi nominare quella strega, che mi lascia uscire solo il venerdì, e dopo che gli ho mostrato gli esercizi svolti!" "Che famiglia di pazzi" - pensai dentro di me. "Comunque, sempliciotto o no, sei stato selezionato con molta cura, per non avere problemi. E siccome la casa è tua e noi, in quanto maghi bianchi, siamo molto rispettosi, necessitiamo del tuo permesso per entrare, e della tua presenza durante la nostra permanenza. Il tuo lavoro è tutto qui, consiste semplicemente nell' assistere, mentre io rovisto nei manoscritti, beninteso senza ficcare il naso in affari che non ti riguardano. Contento?" In effetti mi sentivo sollevato dall' angoscia del paventato lavoro, e già che c' ero stavo per chiedere se c' entrasse qualcosa con la sua congrega quell' assurdo personaggio che mi aveva venduto la casa, ma Arnolfo si era già immerso nella lettura di un ponderoso volume, e non osai interromperlo.
Dopo una ventina di secondi buoni, la mia curiosità ebbe il sopravvento sul buon senso e cominciai a sbirciare di sottecchi, avvicinandomi sempre più al mago... non l' avessi mai fatto! Costui mi si rivoltò e mi coprì con una serie di insulti in cirillico ed aramaico che la mia educazione vetero borghese mi impediscono di riportare e che solo molto tempo dopo ebbi il coraggio, in stato di palese ubriachezza, di narrare a Damiano, noto specialista in materia, che molto li apprezzò e che ancor oggi usa con infinito vanto di originalità.
Come si fa per tenere buono un bambino, Arnolfo trasse allora dallo scaffale più basso un tomo, l' unico tra tutti unto e bisunto, e me l' appioppò, aggiungendo :"Tieni, leggiti questo, che è il solo alla tua portata, e lasciami lavorare in pace". Il frontespizio così recitava: " Dell' arte di ingozzare il prossimo con preparati che assopiscano il corpo ed annientino la mente " --Opera somma ed unica di Cicalozzo Minchialoni, già eccelso cuoco presso la corte di Bisanzio- Ero un pò offeso, ma feci cattivo stomaco a buona ricetta, come diceva mia nonna quando voleva sottolineare la stuccaggine di qualcuno, e mi introdussi alla sfogliatura. Timballo alle spine di carciofo(ahi!), penne al progesterone (con effetti sorprendenti sulla ricrescita dei capelli, chiedetelo a Nervino se non ci credete), patate alla secca di Gange, involtini di marijuana al pesto corso di belladonna (slurp!), torta di quercia stagionata(ibboia!), e così via...Lo dico molto a malincuore, ma questa è la fonte da cui attinge la mia cucina, che ipocritamente, per farmi bello in ispecie con le donne, attribuisco al mio genio creativo...non lo volevo proprio dire, ma ormai è scappato.
Quasi per magia (e ridalli), concludemmo la lettura pressochè insieme. Arnolfo pareva visibilmente soddisfatto "E con questo, la promozione non me la toglie nessuno...e mia madre mi comprerà finalmente il trenino Rivarossi che sogno da 230 anni...ah...sono così contento che ti rivelerò adesso alcune formulette segrete che ti potranno non poco aiutare a far colpo sulle donne, questa asssurda passione di voi mortali,...ma non ti sognare di rivelarle mai, perchè non avresti più scampo, ed il sonno ti abbandonerebbe definitivamente e, lo sai bene, che cos' è un vagabondo privato del suo potere dormitivo?"
Poichè, come già detto, sono solito fare ciò che più mi aggrada, e sfidare financo l' altrui "pazzia", e chissà che non si trovi anche il verso di fare due soldini ed assurgere alla notorietà, mi ripeto, romperò ogni indugio, e ve le passo così come mi sono state tramandate da quel tremendo mago... dunque.!!*$ irupl lortu kgjetr...



Sono trascorsi alcuni anni dalla riga superiore. Vivo ancora al Demonio, Agrippina non c'è più, molte cose sono cambiate, perfino la macchina che ora entra in moto al quattordicesimo tentativo, in compenso sono aumentate le buche della strada...Stanotte, in quei dodici minuti di sonno che mi sono concessi mi sono sognato Bandarello, ed immemore dei moniti del collega gabrielgarciamarquez secondo cui i racconti interrotti non si terminano, voglio dare una fine a questa narrazione, o meglio raccontarvi ciò che è successo dopo l'interruzione di cui sopra. Dimenticavo, sono molto più triste di allora, non riesco più a scrivere cazzate, abbiamo perso la finale del campionato del mondo, le casce mi si sono infilate persino sotto il letto, ed il rumore della linfa che salescende contribuisce non poco ad agitare la mia insonnia, neanche questo c' entra molto, ma mi sto schiarendo la penna, percosìdire...
Dunque, a questa parola ero rimasto...L' effetto di ciò che avevo scritto dopo penso si sia già intuito, sennò guardatemi le pesche che ho al posto degli occhi e capirete...
Mi trovavo in Guatemala, per lavoro ufficialmente, in realtà ancora non ho capito per chi lavoravo laggiù, visto che nessuno mi ha pagato le mie "prestazioni professionali", ben difficile risulta l' identificazione del cosiddetto datore. Prima di partire mi ero comprato un computer super portatile diciotto millimetri per quarantadue, con 7000 megaboh di geeg robot memoria, espansione aerostatica del terminale sincrono destro eccetera...Non mi sarebbe servito ad un tubo, già lo sapevo da prima, ma al giorno d' oggi non basta la cravatta (che peraltro non indosso, mi da un' uggia ed un fastidio al collo, iolai) per ben figurare e negli occhi il fumo cacciare, occorrono ben altri accessori, e laggiù un computer è ancora un qualcosa di esoterico, e si fa subito la figura di uno che sa, anche se, coprendo lo schermo con le spalle, ci si diletta nei giochini cretini e poi, soprattutto, non si porta al collo come la cravatta ed insomma, per farla breve, mi ero appunto comprato, ben motivato come avete letto, un piccolo gioiellino di computer. Inutilizzato nel lavoro, la adoperavo per scrivere pensieri parole opere ed omissioni ed anche qualche straccio di racconto, e lì stavo appunto scrivendo ciò che poco sopra avete avuto la bontà di leggere. Avevo appena terminato di annotare le duecentotredici pagine di formule che Bandarello mi aveva trasmesso e già assaporavo la fama che avrebbe ammantato di fascino e denaro la mia vita, quando d'improvviso dallo schermo partì una fiammata che si propagò poi alla tastiera ed indi al cavo di alimentazione, per entrare nell' impianto elettrico della casa spengendo tutte le lampadine, e passare infine nella rete lasciando senza luce tutta la città di Esquipulas (chiedetelo pure a qualcuno di laggiù, se avrete la ventura di trovarlo sobrio; di sicuro si metterà a ridere, che i blackout si ripetono inesorabili ogni mezz' ora, e credo non per causa di aspiranti scrittori). Al ritornare della luce, il computer emetteva un beffardo suono secco e ritmico, il disco duro (hard disk, eh?) era diventato molle come burro da besciamella, e la mia storia scomparsa. Ma non è finita qui. L' esperto (si fa per dire) a cui affidai quella stupida macchina per i primi soccorsi trovò che il racconto si era saldato sopra un altra storia che il giorno prima avevo scritto. Era una stuccosa melensaggine scritta appositamente per far piangere un' altra donna, che Agrippina non era, si chiamava Gertrude; avevo una certa confusione nella testa a quel tempo nei confronti dei miei sentimenti, non sapevo bene quali dei due pesci pigliare. Divenni vegetariano integrale. Anche uno stupido computer pùò insegnare qualcosa, potrebbe essere la morale secondaria di questi avvenimenti. La morale prima, è che la notte io non dormo più.



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Padre Miguel (Guatemala), luglio 1993 - Il Demonio (Pistoia), febbraio 1996

Il Demonio, l'inverno scorso