mercoledì 29 settembre 2010

Storie di Alberi: la leggenda del Pehuén

Racconta la leggenda che fino dall'inizio dei tempi Nguenechén faceva crescere abbondante il Pehuén in grandi boschi. I Mapuche che vivevano in questi luoghi, considerandolo un albero sacro, lo veneravano e non mangiavano i suoi frutti; pregavano alla sua ombra, e gli offrivano doni votivi: carne, sague e perfino fumo. Ci parlavano anche, ed erano soliti confessargli le loro cattive azioni . I frutti, li lasciavano al suolo, inutilizzati.
Successe che nella regione ci fu una tremenda carestia, che si protrasse per diversi anni: i
Mapuche soffrivano la fame, e molti morirono, soprattuto vecchi e bambini. I giovani della tribù spendevano le loro giornate alla ricerca di alimenti, fossero essi tuberi, erbe, radici o carne di animali selvatici. Ma la sera, tutti ritornavano al villaggio con le mani vuote: sembrava che Dio non ascoltasse più le preghiere del suo popolo, che intanto continuava a morire di fame.
Nguenechén però non li aveva dimenticati... e accadde un giorno che mentre uno dei giovani stava rincasando, deluso e sconsolato, incontrò sul suo cammino un uomo anziano dalla lunga barba bianca, che sembrava lo stesse aspettando.
"Che cosa cerchi, figlio ?", domandò il vecchio.
"Cibo per i miei fratelli che stanno morendo di fame, e disgraziatamente non ho trovato niente!"
"Con tanti
piñones che ci sono al suolo sotto i Pehuenes!" esclamò il vecchio.
"Ma i frutti dell'albero sacro sono velenosi, nonno!" rispose il giovane.
L'anziano lo guardò sorridente, e disse:
"Figlio, da ora in poi riceverete i
piñones cone un dono di Nguenechén. Cuoceteli in acqua bollente perchè divengano teneri, e poi tostateli sul fuoco, ed avrete un cibo delizioso. Raccoglieteli e conservateli sotto terra: avrete così cibo fresco per tutto l'inverno".
Detto questo, il vecchio scomparve nella nebbia. Il giovane riempì quindi il suo mantello con tutti i
piñones che vi potevano entrare, e li riportò al cacique del villaggio, spiegandogli quanto accaduto. Subito venne convocata un'assemblea, il capo raccontò a tutti i fatti accaduti, e così parlò:
"
Nguenechén è sceso in terra per aiutarci. Seguiremo il suo consiglio, e da ora in poi mangeremo i frutti dell'Albero Sacro, che solo a lui appartiene".
Da allora scomparve la carestia, ed i
Pehuencés raccoglievano tutti gli anni abbondanti quantità di piñones, che conservavano sotto terra, come aveva raccomandato Nguenechén.
E così l'Albero Sacro divenne la principale fonte di cibo per i
Mapuche, che ogni giorno, al sorgere del sole, pregavano, con un piñon od un rametto di Pehuén nella mano, dicendo:
"A Te, Padre, che non hai permesso che il tuo popolo morisse di fame,
a Te, che ci hai concesso la fortuna di condividere il nostro cibo,
a Te,
Nguenechén, chiediamo che non lasci mai morire il Pehuén,
i cui rami si allargano come braccia aperte per proteggerci".

Pehuén è il nome che i Mapuche (= gente della terra), popolo indigeno della parte meridionale di Cile ed Argentina, hanno dato all'Araucaria, albero spontaneo delle pendici inferiori delle Ande. I conquistadores spagnoli (i quali, detto per inciso, non riuscirono mai a sottometterli completamente) chiamarono i Mapuche Araucanos, e la loro terra Araucania (cosa di cui essi non furono mai troppo entusiasti!): da qui deriva comunque il nome scientifico della specie (Araucaria araucana). Il Pehuén era considerato sacro, e fatto oggetto di veri e propri culti; rivestiva per quei popoli una importanza tale che le tribù Mapuche della regione dove crescevano le Araucarie, venivano chiamate Pehuencés. Molti sono i prodotti che si ottengono dal Pehuén: di particolare importanza i frutti (piñones, frutta secca simile ai pinoli), che hanno per secoli costituito la base energetica della dieta dei Mapuche. Proprio l'esagerato commercio dei piñones, che fiorì per tutto l'800, quando raggiungeva tutte le grandi città del Sudamerica, ha contribuito alla scomparsa di numerosi boschi di Araucaria, mancando il seme per la loro riproduzione.
L'Araucaria è oggi albero nazionale del Cile, e specie protetta da trattati internazionali.

Nguenechén, il benefattore del popolo Mapuche, è una entità divina che rappresenta l 'energia cosmica che permea ogni cosa, sia essa vivente od inanimata.

Pablo Neruda "Ode all'Araucaria araucana"
(originale in spagnolo, cliccare!)



lunedì 27 settembre 2010

"Una storia narrava di un grande Albero in mezzo al Bosco. Dicevano che era l'Albero della Vita.
Quando qualcuno credeva, per superbia, di essere superiore agli altri, era invitato ad andare in mezzo al bosco a domandare al grande albero che cosa pensasse di lui.
L'albero spesso taceva e l'uomo rimaneva muto a guardare le alte cime che sfioravano il cielo..."

Romano Battaglia

"A tale spoke about a big Tree in the middle of the forest. People said He was the Tree of Life. When someone believed to be superior to the other people, he was invited to go into the forest, and to ask the big Tree which was Its opinion. The Tree did not answer, and the man stood in silence to look the high tops of the trees touching the sky..."



lunedì 13 settembre 2010

Storie di Alberi: il mito di Cyparissus

Nelle Metamorfosi, Ovidio narra la mitica storia di Cyparissus, fanciullo greco di estrema bellezza, devoto e caro al dio Apollo. All'epoca dei fatti, nelle campagne del luogo viveva un cervo enorme, sacro alle Ninfe, con le corna splendenti d'oro, e tanto accresciute e ramificate dagli anni, da coprire d'ombra il suo capo. Per nulla pauroso, nonostante la sua natura, era avvezzo a frequentare le case dei paesani ed a concedere il suo lungo collo alle carezze di qualunque mano. Ma tra tutti amava soprattutto la compagnia di Cyparissus, così come Cyparissus amava ed accudiva il cervo: lo portava sui pascoli migliori e cercava per lui le sorgenti dalle acque più limpide, intrecciava tra le sue corna ghirlande di fiori variopinti, lo cavalcava come un docile destriero, guidandolo per monti e colline con lievi briglie di porpora.
Un caldo giorno di luglio, il cervo si era sdraiato a riposare all'ombra del bosco. Cyparissus stava cacciando nello stesso luogo, e non si avvide del cervo, nascosto come era dalle erbe e dai cespugli, scoccò una freccia nella sua direzione, e lo colpì mortalmente.
Resosi conto di ciò che aveva fatto, il giovane desiderò solamente di morire, e chiese ad Apollo il dono di potere piangere per l'eternità la morte del suo adorato cervo. Il dio, seppure a malincuore, decise di esaudire il suo desiderio: le sue membra cominciarono a tingersi di verde, via via che il troppo pianto ne esauriva il sangue; i lunghi capelli divennero una chioma ispida, sottile ed appuntita, e slanciata verso il cielo stellato.
Cyparissus venne quindi tramutato in albero; terminata la trasformazione, Apollo così gli parlò: "Sarai da me pianto, e piangerai gli altri, e sarai accanto a chi soffre".

In questo modo nacque l'Albero del Cipresso, e da allora consola compassionevole i cimiteri.


In alto: Le Beaux (Provenza, France)
A lato: Bolgheri (Toscana, Italy)


martedì 7 settembre 2010

Che la terra vi sia lieve...














Santuario dei Partigiani. Collina di San Bernardo, comune di Bastia (Cuneo)

Ci siamo arrivati sul far del tramonto, in una giornata di grandi movimenti di nubi, di forti chiaro scuri. Sulla cima di una dolce collina a vigneti e pascoli, finestra delle Alpi e signora della immensa pianura sottostante, il Santuario. Ai lati del vialetto di accesso all'edificio, nude pietre portano incisi i nomi e le date di oltre 800 uomini, quasi tutti giovani, alcuni stranieri, caduti nelle zone del cuneese durante la Resistenza. Troppo lungo il viale, troppi quei nomi. Enorme la suggestione del luogo, tante le emozioni ed i pensieri.
Non dobbiamo dimenticare, mai...


CSI Guardali negli occhi
(Videoclip tratto dal documentario Materiale Resistente. Musica, parole ed immagini. Consigliato vivamente. Cliccare sopra per riprodurre.)